Ti racconto com’è stato viaggiare durante la crisi sanitaria del Covid-19, dall’esplosione dell’emergenza al ritorno a casa
Quando si viaggia può succedere di tutto! Questo un viaggiatore lo sa bene. Ma dubito che anche il più esperto dei globe-trotter abbia potuto pensare a un simile scenario. L’evento del Coronavirus infatti ha sorpreso davvero tutti. In pochi si aspettavano che potesse assumere tale dimensione e forma a livello globale al punto da dover costringere praticamente tutti i governi a chiudere i confini dei propri paesi.
Questa decisione ha inevitabilmente portato con se molti disagi e ovviamente tra i più colpiti nell’immediato sono stati i milioni di viaggiatori in giro per il mondo. Voli cancellati, corse degli autobus sospese, collegamenti marittimi interrotti, controlli sanitari improvvisamente rigidissimi e quarantena obbligatoria. Questi sono stati solo alcuni degli scenari che tutti coloro che si trovavano lontano da casa hanno visto, vissuto e sofferto. Ed io non sono stato da meno. La mia esperienza di backpacking ha avuto risvolti inaspettati.
Li ricordo bene quei giorni così tanto concitati: ero in Argentina, per l’esattezza a Las Grutas, ridente paese affacciato sulla costa atlantica che d’estate vede il suo massimo splendore accogliendo milioni di turisti provenienti da un po’ tutto il mondo. Mi trovavo lì per visitare un caro amico conosciuto qualche mese prima in giro per l’Uruguay.
Quando la vidi per la prima volta dissi che mi sembrava di essere a Santorini. Si, esattamente quella Santorini, con le sue case bianche e il mare blu che solo il sole caldo estivo sa trasformare in qualcosa di ancora più magico. E anche se non sono mai stato in Grecia, avevo perfettamente in mente come potesse essere quel piccolo paese del mediterraneo. Questo grazie alle riviste di viaggio e la moltitudine di foto postate su Instagram ogni giorno sopratutto nella stagione estiva da milioni di vacanzieri.
Per questo motivo, quella cittadella nell’emisfero sud aveva per me preso il soprannome di “Santorini del Sud America”.
Pensai di utilizzare questa località di villeggiatura come prima tappa per il lungo viaggio via terra che mi ero fissato di intraprendere qualche tempo prima per poter esplorare quanto più possibile le meraviglie dell’Argentina.
Partenza da Buenos Aires dove avevo passato a intermittenza due settimane, e arrivo dopo quasi 3000km laggiù, da lei, la magica città conosciuta da tutti come “la fine del mondo”: Ushuaia.
Che poi in realtà c’è un acceso dibattito al momento su quale sia la città più australe del mondo. Pare che secondo le ultime informazioni raccolte Puerto Williams, in Cile, si sia aggiudicato questo importante riconoscimento. A perdere lo scettro sarebbe proprio Ushuaia, la quale dista appena 10 km più a nord.
I giorni trascorrevano sereni, spensierati e in totale libertà anche se notizie poco incoraggianti già arrivavano dalla Cina, origine del virus. Anche in Europa, e soprattutto nella mia amata terra, l’Italia, la situazione non si presentava facile e ben presto venne tristemente riconosciuta mondialmente come nuovo epicentro della pandemia. Immagini di dolore e sofferenza venivano trasmesse ovunque e questo non aiutava di certo chi, come me, ha un passaporto italiano ed è originario per di più della Lombardia, la regione più colpita del Belpaese.
Difficile e lungo spiegare tutte le volte che io con l’Italia avevo avuto pochi contatti negli ultimi mesi, che vivo da anni a Londra e che ero in giro per il Sud America già da prima che l’emergenza scoppiasse. E se all’inizio tutto veniva preso come uno scherzo, soprattutto tra amici e gente conosciuta da poco, in breve tempo tutto cominciò a cambiare.
Il virus stava lentamente cominciando a circolare anche in questo spicchio del mondo. Anche se con effetti meno devastanti che nel resto del pianeta, anche qui in pochi giorni si cominciarono a contare i primi casi e adottare le prime misure di sicurezza. Ricordo che la prima volta che entrai in contatto con queste misure cautelative fu all’aeroporto Ezeiza di Buenos Aires: personale con mascherina, gel disinfettante presente in alcuni angoli dei terminal e cartelli informativi un po’ ovunque per avvisare i viaggiatori sulle misure igieniche da adottare e su come comportarsi per difendersi dal virus ed evitarne la diffusione.
Ero di ritorno da un tour pazzo di quasi tre settimane tra il sorprendente Paraguay e il festaiolo e carnevalesco Brasile. Ritornavo, come accennato in precedenza, nella capitale Argentina per la seconda volta. Da qui avrei cominciato a viaggiare verso sud, mettendo piede su un bus che in poco più di 15 ore mi avrebbe portato alla mia prima tappa.
Ricordo ancora molto chiaramente come una volta arrivato a Las Grutas mi resi conto di alcune cose che non pensavo di trovare: in primis, il fatto che ero ufficialmente arrivato il Patagonia. Ebbene sì. Quest’area è davvero enorme e non si limita solo alla punta del continente. Nella parte più meridionale si trova sicuramente un clima più ostile. Per questo motivo tutti noi associamo la Patagonia con freddo e neve. Questa regione, però è molto più vasta di quello che immaginiamo. Comprende infatti quasi la metà del territorio argentino e include anche steppe, praterie, e zone costiere. Qui è invece possibile trovare un clima sicuramente più favorevole e lontano dall’immaginario collettivo di terra fredda e ostile.
E qui entra in gioco la seconda sorpresa: il clima. Mai mi sarei immaginato di trovare caldo e poter andare in spiaggia e farmi il bagno. In Patagonia. A marzo (che per noi corrisponderebbe a settembre visto che qui le stagioni vanno al contrario). Una piacevole accoglienza e ottima compagnia da parte del mio amico Emanuel (o Señor come lo chiamo sempre io) hanno fatto sì che i ricordi del tempo passato in questa zona mi mettano sempre di buon umore.
Come detto, i giorni si susseguivano senza particolare angoscia soprattutto forte del fatto che mi ero allontanato dalla capitale, zona di alto rischio. L’obiettivo era andare verso aree poco densamente popolate. Lí mi aspettavano avventure a contatto con la natura, tra pinguini, foche e leoni marini prima e ghiacciai, montagne e boschi poi.
Nella forma teorica sembrava tutto perfetto. Nella pratica, però, avvenne tutto il contrario.
Dopo pochi giorni dal mio arrivo a Las Grutas, infatti, arrivarono a breve distanza l’una dall’altra due notizie che distrussero gran parte dei miei sogni a medio e breve termine: la sospensione degli ingressi di tutti gli stranieri nel suolo argentino e successivamente la chiusura di tutti i parchi nazionali. Il primo provvedimento, pur limitandomi molto negli spostamenti, mi permetteva comunque di continuare a viaggiare all’interno della vastissima Argentina. Dopo lo sconforto iniziale, quindi, fui subito rianimato dalla voglia di riprogrammare il futuro considerando i nuovi vincoli. Il vero problema, però , arrivò con la seconda decisione, presa dal presidente Fernández. Chiudere i parchi significava per me rinunciare inesorabilmente al mio viaggio verso il sud del paese e verso tutte le destinazioni naturali presenti nella mia lista dei desideri.
Ero a un punto morto…e a scarso di alternative.
Cosa fare quindi?
L’arrivo del Coronavirus ha stravolto il mondo intero. Stava, ahimè, inesorabilmente complicando anche i miei piani e rendendo il mio viaggio in Sud America più difficile. Ma forse non tutto era perduto e c’era ancora speranza.
Ancora una volta con tanto ottimismo decisi di riprogrammare il mio percorso escludendo il sud dell’Argentina e dirottando la mia attenzione su altre mete. Il nuovo piano prevedeva di spostarsi verso il lato occidentale del paese, dove per esempio si trova Bariloche. Questa ridente località è molto apprezzata sia dai viaggiatori stranieri, sia dal popolo argentino, soprattutto quello della capitale. Da qui avrei poi potuto seguire verso nord, nella zona delle città di Mendoza e Córdoba. La prima é una meta obbligatoria per scoprire alcuni dei migliori vini autoctoni ed esportati in tutto il mondo. Córdoba, invece, è la seconda città più grande della nazione, ricca di storia e cultura. L’idea poteva ancora funzionare.
Cominciai subito a mettermi all’opera per poter pianificare al meglio i giorni successivi. Ero alla ricerca innanzitutto della prima tappa del viaggio. Tra le possibili candidate si presentò anche Puerto Madryn. Questa ridente località marittima è conosciuta dai turisti di tutto il mondo per le sue colonie di pinguini e la possibilità di vedere le balene durante i mesi invernali. Rimasi colpito soprattutto dal fatto che non possedeva alcun parco nazionale, ma solo riserve. Questo voleva dire che sulla carta non c’erano limitazioni o restrizioni per poterla visitare. Distante solo qualche ora di bus da Las Grutas, decisi quindi di allungare leggermente il mio viaggio deviando prima verso sud, per poi proseguire con l’idea di viaggio avuta poco prima.
Era tornato sicuramente un po’ di entusiasmo. Puerto Madryn già rientrava nei miei piani originali e avevo molte aspettative su questa cittadina costiera. L’idea, poi, di poter vedere i pinguini sinceramente mi metteva di buon umore. Non vedevo l’ora!
Lasciai con affetto il mio amico e Las Grutas, pronto per una nuova entusiasmante avventura.
Ben presto, però, la gioia si trasformò in preoccupazione. Il viaggio, in realtà, stava procedendo per il meglio. Rimasi colpito soprattutto dal fatto che sul bus venne organizzata una partita di bingo con tanto di bottiglia di prosecco come premio finale. Non avevo mai visto nulla di simile. Poi però successe qualcosa di insolito: il bus si fermò improvvisamente e vidi salire a bordo ispettori della polizia coperti con maschera sanitaria e guanti in lattice. Era un controllo, si, ma alquanto insolito.
Non appena uno degli agenti entrò in possesso della lista dei passeggeri, mi si avvicinò deciso. Ah già, il passaporto italiano! Era sicuramente saltato all’occhio durante la revisione dei dati ed ora mi toccava rispondere a domande di ogni tipo. In realtà io non avevo niente da temere. Al momento l’unico obbligo introdotto dal governo riguardava una quarantena di 14 giorni da compiere a chiunque entrasse nel paese. Io fortunatamente avevo già passato il limite di tempo ed ero quindi libero di viaggiare. Fortunatamente anche la polizia se ne rese conto e dopo ulteriori domande di rito fui libero di proseguire il viaggio.
Questo controllo, seppur senza conseguenze, aveva gettato in me alcune preoccupazioni e mi aveva lasciato con alcuni dubbi. Senza farmi assalire da pensieri negativi decisi di lasciarmi alle spalle quell’esperienza, la quale, però, si ripresentò inesorabilmente all’arrivo nel terminal dei bus di Puerto Madryn. Altro controllo, altri agenti con mascherine e guanti. Questa volta, però, l’ispezione venne fatta a tutti i passeggeri prima di poter scendere dall’autobus. Magra consolazione quest’ultima, che purtroppo non cambiò la dinamica degli eventi che sarò costretto a vivere nelle ore successive.
Una volta sceso dal bus quello che mi apparve davanti era, ahimè, uno spettacolo tetro e apocalittico. La città si stava velocemente svuotando di tutti i non residenti e si stava chiudendo in se stessa come un riccio a una velocità sorprendente. Capì che il mio soggiorno non sarebbe stato per nulla facile. I due posti di blocco erano quindi un chiaro segnale di quello che mi avrebbe aspettato. Le mie preoccupazioni erano dunque fondate.
In quel momento però il mio unico pensiero era trovare un posto dove dormire. Ero riuscito a trovare su internet un ostello carino ed economico che si trovava non lontano dalla stazione degli autobus e in pieno centro. Decisi quindi di dirigermi lì per poter lasciare il mio zaino e valutare la situazione in città, pianificando i giorni seguenti in base alle possibilità che mi si presentavano.
Arrivato in ostello, però, realizzai che la situazione era veramente più complicata del previsto. In pochi secondi capii che la struttura era totalmente priva di turisti e viaggiatori, gli ultimi dei quali se ne erano andati giusto quella mattina. La città e tutta la sua popolazione si era fatta prendere dal panico e così tutti avevano fatto le valigie per cercare rifugio altrove. La conferma mi arrivò dal ragazzo che mi accolse alla reception. Mi disse che in quel momento solo io e un’altra persona avremmo alloggiato lì. Accettò la mia prenotazione assegnandomi una camerata. Mi fece sicuramente un certo effetto entrare in una stanza così grande e provare una sensazione di vuoto. Non mi era mai capitata una cosa del genere. Venni informato inoltre che l’ostello avrebbe potuto chiudere a breve visto le attuali condizioni di emergenza in cui ci trovavamo.
Avevo dunque poco tempo. Dovevo sbrigarmi!
Cominciai subito a cercare quali fossero i maggiori punti di attrazione della città. Mi misi anche alla ricerca di un ufficio del turismo per avere maggiori informazioni e poter pianificare al meglio la gita verso la Península Valdés. Questo lembo di terra è sicuramente il punto di maggior richiamo turistico della zona, nonché il mio principale motivo di viaggio verso queste zone. Come detto, stavo deviando il mio itinerario per poter vedere da vicino balene, foche, leoni marini e altre meraviglie che la natura ha da offrirci.
Purtroppo ben presto i miei sogni si dovettero ancora una volta confrontare con una cruda realtà. Giunto in centro città, scoprii sorpreso che l’ufficio del turismo era chiuso. Chiamando il numero esposto sulla vetrina, venni a conoscenza del fatto che il comune aveva deciso di chiudere tutti gli uffici e sospendere le gite verso la penisola. Non c’era dunque modo di raggiungere questo paradiso naturale. Per l’ennesima volta i miei piani venivano completamente ribaltati e modificati. Un altro duro colpo da accettare.
Sconsolato, decisi di ottimizzare il resto della giornata visitando la città. Avevo bisogno di liberare la mente dai mille pensieri che mi stavano assalendo. Il futuro era incerto e avevo bisogno di trovare risposte solide ai miei tanti dubbi. Il lungomare era decisamente il luogo ideale dove trovare ispirazione. Come nella mia testa, davanti a me avevo un panorama discordante. Da un lato i miei sogni rappresentati dalla natura e dal verde della penisola che si poteva scorgere dalla mia postazione. Dall’altra parte, invece, vedevo grigio, come i tanti container e strutture di cemento che risaltavano ingombranti dalla zona portuale della città, una delle più importanti di tutta l’Argentina.
Muovendomi verso la parte interna della città vidi invece un’altra rappresentazione dei miei desideri, della mia voglia di viaggiare. Un sezione di rotaie sulle quali poggiava un antico treno. Era lì per ricordare a tutti i visitatori gli sforzi fatti dai primi colonizzatori gallesi, italiani e spagnoli venuti in queste zone alla fine dell’800. Con la costruzione della rete ferroviaria che collegava Puerto Madryn a Trelew, agglomerato poco più a sud, l’allora insediamento diventava a tutti gli effetti un centro importante in Patagonia. Questo monumento si trova ora a lato della stazione dei bus. Pur passandoci a lato quando arrivai, non lo notai. La confusione al momento del mio arrivo era troppa affinché potessi concentrarmi sulla parte culturale della città.
Dopo questo breve tour, decisi di tornare in ostello per riposare e pianificare il giorno successivo. C’erano ancora molti problemi da risolvere.
Una volta arrivato in ostello, ne approfittai per collegarmi a internet e cercare di reperire notizie e capire gli sviluppi delle misure di contrasto al virus. Il coronavirus si stava inesorabilmente diffondendo anche da queste parti e ormai non avevo più certezze sul mio futuro. Poteva cambiare tutto da un momento all’altro, e nuove misure potevano essere prese anche senza dare troppo preavviso alla popolazione.
Ero ancora in contatto con il mio amico Ema per capire anche da lui come si stava evolvendo la situazione. Non sembrava sereno e per questo motivo si offrii disponibile ad ospitarmi ancora nel caso in cui le cose si fossero messe male. Anche se ero amareggiato dal fatto di dover interrompere in mio viaggio, il supporto del mio amico mi rincuorava molto. Avere almeno una certezza in questi momenti così confusi era sicuramente rincuorante.
Il giorno seguente non cominciò sicuramente nel migliore dei modi. Sin dalle prime ore del mattino, infatti, iniziò a circolare la notizia che il governo, insieme agli anti regionali e provinciali, avessero intenzione di introdurre un lockdown totale, anche a livello locale. Questo significava l’impossibilità di muoversi tra regioni, province e città. Se confermato, avrebbe significato per me una sola cosa: stop forzato a casa di Ema per un periodo indefinito finché la situazione non fosse migliorata. Dovevo agire.
L’obiettivo era dunque chiaro. Dovevo quanto prima lasciare Puerto Madryn e tornare a Las Grutas dove mi sarei incontrato di nuovo con Ema, 24 ore dopo averlo lasciato. C’erano però ancora alcune questioni da risolvere. La prima riguardava l’ostello. Il giorno precedente avevo prenotato per 4 notti e ora, dopo la prima notte, ero forzato ad andarmene. Fortunatamente i gestori capirono la situazione e decisero di disdire la prenotazione, restituendomi i soldi delle altre notti. Un problema in meno. Mi recai quindi in stazione per poter comprare il biglietto del bus. Una volta arrivato, vidi dagli schermi che l’unico bus che passava da Las Grutas sarebbe partito nel primo pomeriggio, arrivando verso sera alla mia destinazione. Senza esitare comprai il biglietto.
Tornato in ostello, però, il sentimento di sollievo per aver comprato i biglietti e organizzato il viaggio si trasformò presto in preoccupazione e ansia. Dai notiziari si stava apprendendo che la situazione stava peggiorando in maniera incontrollata e che per questo motivo era necessario procedere con il lockdown locale, solo l’anticamera di quello totale. Tra le province che per prime adottarono questo provvedimento ci furono Chubut, dove mi trovavo, e Río Negro, che include Las Grutas. Per questo motivo venne introdotto il divieto di spostarsi tra le regioni, se non con certificazione, a partire dalle 6 dello stesso giorno. In poche ore la situazione era degenerata.
Guardai i dettagli del mio biglietto. Potevo partire senza problemi, ma avrei potuto incontrare difficoltà una volta arrivato a Las Grutas, visto che il mio orario di arrivo sforava con il limite concesso dalle autorità per potersi muovere liberamente. Dovevo quindi trovare una soluzione nel più breve tempo possibile.
Pensai che avere un documento ufficiale da parte di un’autorità sanitaria mi avrebbe potuto aiutare a passare i controlli. Riuscì a prendere un appuntamento da un medico il quale, una volta effettuati i controlli necessari, mi rilasciò ciò di cui avrei auto bisogno. Il tempo stringeva e dovevo ora tornare in ostello per recuperare il mio zaino e correre verso il terminale degli autobus. Erano momenti concitati.
Una volta arrivato in ostello, ne approfittai per collegarmi a internet e cercare di reperire notizie e capire gli sviluppi delle misure di contrasto al virus. Il coronavirus si stava inesorabilmente diffondendo anche da queste parti e ormai non avevo più certezze sul mio futuro. Poteva cambiare tutto da un momento all’altro, e nuove misure potevano essere prese anche senza dare troppo preavviso alla popolazione.
Ero ancora in contatto con il mio amico Ema per capire anche da lui come si stava evolvendo la situazione. Non sembrava sereno e per questo motivo si offrii disponibile ad ospitarmi ancora, nel caso in cui le cose si fossero messe male. Anche se ero amareggiato dal fatto di dover interrompere in mio viaggio, il supporto del mio amico mi rincuorava molto. Avere almeno una certezza in questi momenti così confusi era sicuramente rincuorante.
Il giorno seguente non cominciò sicuramente nel migliore dei modi. Sin dalle prime ore del mattino, infatti, iniziò a circolare la notizia che il governo, insieme agli anti regionali e provinciali, avesse intenzione di introdurre un lockdown totale, anche a livello locale. Questo significava l’impossibilità di muoversi tra regioni, province e città. Se confermato, avrebbe significato per me una sola cosa: stop forzato a casa di Ema per un periodo indefinito finché la situazione non fosse migliorata. Dovevo agire.
L’obiettivo era dunque chiaro. Dovevo quanto prima lasciare Puerto Madryn e tornare a Las Grutas dove mi sarei incontrato di nuovo con Ema, 24 ore dopo averlo lasciato. C’erano però ancora alcune questioni da risolvere. La prima riguardava l’ostello. Il giorno precedente avevo prenotato per 4 notti e ora, dopo la prima notte, ero forzato ad andarmene. Fortunatamente i gestori capirono la situazione e decisero di disdire la prenotazione, restituendomi i soldi delle altre notti. Un problema in meno. Mi recai quindi in stazione per poter comprare il biglietto del bus. Una volta arrivato, vidi dagli schermi che l’unico bus che passava da Las Grutas sarebbe partito nel primo pomeriggio, arrivando verso sera alla mia destinazione. Senza esitare comprai il biglietto.
Tornato in ostello, però, il sentimento di sollievo per aver comprato i biglietti e organizzato il viaggio si trasformò in preoccupazione e ansia. Dai notiziari si stava apprendendo che la situazione stava peggiorando in maniera incontrollata e che per questo motivo era necessario procedere con il lockdown totale. Per questo motivo venne introdotto il divieto di spostarsi, se non con certificazione, a partire dalle 6 dello stesso giorno. In poche ore la situazione era degenerata. Guardai i dettagli del mio biglietto. Potevo partire senza problemi, ma avrei potuto incontrare difficoltà una volta arrivato a Las Grutas, visto che il mio orario di arrivo sforava con il limite concesso dalle autorità per potersi muovere liberamente. Dovevo quindi trovare una soluzione nel più breve tempo possibile.
Pensai che avere un documento ufficiale da parte di un’autorità sanitaria mi avrebbe potuto aiutare a passare i controlli. Riuscì a prendere un appuntamento da un medico il quale, una volta effettuati i controlli necessari, mi rilasciò ciò di cui avrei auto bisogno. Il tempo stringeva e dovevo ora tornare in ostello per recuperare il mio zaino e correre verso il terminale degli autobus. Erano momenti concitati.
Arrivato in ostello presi tutte le mie cose in maniera frettolosa anche se, a causa del mio brevissimo soggiorno, non avevo avuto modo di creare confusione. Ero di corsa, poiché per ottenere la visita dal dottore dovetti aspettare più del previsto. Il mio unico obiettivo ora era quello di arrivare quanto prima possibile alla stazione degli autobus e salire sulla corriera che mi avrebbe portato nell’unico posto sicuro disponibile: Las Grutas. Lasciando l’ostello feci appena in tempo a catturare con lo sguardo qualche minuto di un reportage circa la situazione che si stava creando nei diversi luoghi di entrata e uscita dalle principali città della zona. Purtroppo la situazione non sembrava essere favorevole a chi come me si stava spostando. Io avevo però dalla mia parte un certificato medico appena rilasciato e una storia da raccontare che speravo avesse potuto convincere anche i più fiscali.
Una volta giunto alla stazione degli autobus, notai momenti di confusione tra gli ultimi viaggiatori rimasti. Alcuni cercavano disperatamente di comprare i biglietti rimasti e organizzare un viaggio last minute. Altri, invece, assediavano chi di dovere con mille domande e dubbi al fine di avere risposte a tutte le loro insicurezze. Non volevo certo essere nei panni degli impiegati in quel momento. Tra i viaggiatori si potevano anche notare forze dell’ordine che stavano già presidiando la zona, anche se sembrava che fossero più attenti a chi arrivava più che a quelli che partivano. Dopo aver lasciato il mio zaino all’autista e aver passato i controlli dei documenti riuscii finalmente a mettere piede sul bus. Un passo importante era stato fatto.
Il viaggio, pur non essendo tra i più lunghi che abbia compiuto negli ultimi mesi in Sud America, era comunque stancante, mentalmente soprattutto. Dover viaggiare di nuovo a meno di 24 ore dall’ultima volta e per di più facendo lo stesso percorso al contrario non era sicuramente facile da gestire. Per di più c’era anche un po’ di agitazione per come le cose avrebbero potuto mettersi.
Ormai ero abituato a ogni tipo di colpo di scena. Senza ombra di dubbio uno degli aspetti dei viaggi che ritengo più affascinante è l’imprevedibilità che si nasconde in ogni momento dell’avventura. Viaggiare ti aiuta sicuramente a gestire anche le situazioni più complicate, sempre. Un modo poco convenzionale che la vita ha di insegnarci qualcosa di nuovo all’interno del già complicato scacchiere della nostra esistenza. E anche in questa circostanza la sorpresa era dietro l’angolo.
Mentre mi stavo immaginando diversi scenari su come sarebbe potuto essere l’arrivo a Las Grutas, si avvicinò a me il cameriere del bus. Si avvicinò al mio orecchio dicendomi che l’autista voleva parlarmi.
A me? Perché? cosa sta succedendo?
L’autobus sul quale ero seduto era diretto a nord dell’argentina, più precisamente a Cordoba. Il viaggio per molti era lungo e faticoso poiché copriva svariati chilometri e comprendeva diverse tappe. Tra queste c’era anche la mia destinazione. L’autista era sicuramente a conoscenza dei nostri itinerari, probabilmente grazie ad un elenco dei passeggeri fornitogli direttamente dalla compagnia. Doveva aver notato che ero l’unico la cui tappa era Las Grutas, dove erano in vigore controlli stringenti. Da qui dunque la necessita di volermi parlare.
Ancora incerto su quello che stava succedendo, raggiunsi la cabina del conduttore, separata dal resto del bus da una parete e da una piccola porta. Capii fin da subito che mi trovavo davanti una persona molto cordiale e pronta ad aiutarmi. Mi disse che la situazione alla stazione era molto difficile e che erano presenti diversi ispettori pronti a controllare e, se necessario, negare l’accesso ai viaggiatori. Provai a raccontare brevemente la mia storia ma si rese conto che le possibilità di successo erano troppo basse. Per evitare ogni tipo di situazione incomoda si offrii disponibile ad aiutarmi ed elaborò un piano davvero geniale. Sapeva che i controlli erano presenti solo alla stazione, quindi per aiutarmi decise che l’unica maniera era raggirarli, facendomi scendere prima.
Trovai l’idea tanto vincente quanto surreale. Non riuscivo ancora a capacitarmi del fatto che l’autista volesse aiutarmi così attivamente, quasi come se fosse lui in una situazione sfavorevole. Mentre questo pensiero mi riempiva la mente tornai al mio posto per prepararmi. Mancava poco all’ingesso a Las Grutas e da lì a poco avrei dovuto farmi trovare preparato. Il piano B era ufficialmente cominciato, e avevo dalla mia parte un grande alleato.
Nel tempo che mi rimase a disposizione provai a contattare il mio amico Ema, che già si trovava in stazione pronto ad accogliermi. Si era attivato tempestivamente per cercare anche lui di potermi aiutare, provando a capire come erano le condizioni al terminale degli autobus. Purtroppo però ogni suo sforzo era risultato invano. La situazione era davvero complicata e venire a conoscenza del mio “piano B” lo rincuorò molto. Sembrò anche a lui un’ottima idea così si rese disponibile ad aiutarmi dove necessario. Decidemmo di condividere la mia posizione, così sarebbe risultato più semplice per lui sapere esattamente dove mi sarei fermato.
Una volta entrato in città lo steward del bus si avvicinò al mio sedile. Era il segnale che dovevo prepararmi. Ormai eravamo prossimi all’arrivo e dovevo essere pronto a scendere in qualsiasi momento. Ero di fronte alla porta, in piedi e al buio. Stavo provando un mix di emozioni e la mia mente era pervasa da un miriade di pensieri. Gli attimi di attesa prima che accada qualcosa sono sempre così, si tratti di una montagna russa o di un’esibizione di fronte a una folta platea.
In un attimo tutto cambiò. Il bus si fermò e la porta si aprì. Anche fuori era buio. La strada era mal illuminata, il che voleva dire che eravamo in una strada secondaria. Mi sentivo come un fuggitivo ora. Con me scese anche lo steward che aprii rapidamente lo sportello dove erano stivati i bagagli e immediatamente riconobbi il mio zaino. Lo presi e in attimo le porte dietro di me si chiusero e il bus ripartii, lasciando una scia di polvere e sabbia dietro di sé. La prima cosa che feci fu quella di guardarmi attorno per assicurarmi che nessuno mi potesse notare. Rimasi li qualche minuto fino all’arrivo di Ema.
Il piano aveva funzionato perfettamente e rivedere Ema mi riempii di gioia. Grazie a lui e all’autista ero salvo e potevo tornare in un luogo sicuro dove passare quella che sarebbe stata una lunga quarantena in Argentina. Ma quello che per molti poteva essere un lungo e buio periodo segregato in una remota località del Sud America, per me si rivelò come una delle esperienze culturali più interessanti che potessero capitarmi. Punti di vista.